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Sandro Menichelli, Funzionario Ministero dell'Interno

Parliamo di culture diverse con Sandro Menichelli, Consigliere per la Giustizia e gli Affari Interni presso la Rappresentanza Permanente d'Italia all'Unione Europea.

S: Caro Sandro, prima della nostra conversazione ti presento: 45 anni, coniugato, due figli. Funzionario del Ministero dell'Interno giusto?

SM: Direi di sì.

S: Tu sei a Bruxelles presso la Rappresentanza Permanente d'Italia all'Unione Europea da quasi cinque anni. In un palcoscenico così vasto e complesso, dove si incontrano culture mentalità e soprattutto lingue diverse, come si evita una nuova Babele?...Le traduzioni aiutano?...

SM: Non sono un grande esperto di Bibbia, ma credo che la possibilità di evitare la Babele risieda nelle finalità comuni che dovrebbero essere perseguite nell'esercizio di integrazione europea, cosí come finora fissato dai Trattati di Roma, Amsterdam e Nizza e che, nel mio caso, é la creazione di uno "spazio comune di libertà, di sicurezza e di giustizia". Si tratta, sempre per rimanere nel settore che conosco, di esigenze essenziali nella vita di ogni persona, indipendentemente dalla lingua che parla.
Detto questo, é chiaro comunque che il problema linguistico é un aspetto rilevante poiché, tranne alcuni casi in cui i negoziati avvengono direttamente in inglese e/o francese, il complesso delle  attività destinate a contribuire alla costruzione di un sistema normativo europeo é reso possibile - e con questo rispondo alla seconda domanda - dal lavoro svolto dal servizio di traduzione del  Segretariato del Consiglio dell'Unione. Questo é un tema, in ogni caso, di scottante attualità, soprattutto alla luce dei costi relativi e dell'ingresso ormai prossimo nella U.E. di altri dieci Paesi.

S: Che fine faranno le lingue nazionali e i dialetti? Vorrei sentire una tua valutazione al riguardo.

SM: La tua é una domanda importante alla quale peró non so rispondere. Al massimo posso esprimere alcune sensazioni o, se preferisci, auspici personali. Il dato dal quale partire, ci piaccia o meno, è quello della realtà: la lingua inglese ha ormai assunto un ruolo centrale nella vita di ogni persona, ovunque nel mondo. Ne discende la necessità, non credo ulteriormente procrastinabile, di una presa di coscienza del nostro "splendido isolamento" su questo terreno rispetto agli altri Paesi e della necessità di avviare una profonda revisione del modo di affrontare questo problema. Naturalmente molto é stato fatto ma moltissimo è ancora da fare. Si é parlato della scommessa delle 3 I (Inglese, Internet, Impresa); credo che questa sia una scommessa da accettare senza riserve e da vincere, specialmente pensando alle generazioni future ed ai problemi che inevitabilmente incontreranno nel mondo del lavoro in caso di immobilismo in questo ambito. Tu mi stai rivolgendo domande sull'Europa ed allora a questo riguardo posso dirti che proprio Bruxelles permette di verificare il nostro ritardo. Infatti, ancora a titolo di esempio, le istituzioni europee hanno messo nel passato, e continuano a mettere a concorso, posti di grande interesse sia professionale che economico; ebbene i candidati italiani, che spesso sono molto preparati nel merito dei temi in discussione, vedono diminuire drasticamente le loro possibilità di successo nel momento in cui si passa ad affrontare le prove di lingua straniera. Ora, se penso ai film in lingua originale trasmessi non tanto di rado persino dal terzo canale francese ritengo che un certo ritardo lo stiamo accumulando, ed è per questa ragione che ho letto con grande interesse la notizia del prossimo avvio di un programma di cartoni animati in lingua inglese su una rete RAI. Detto questo, con altrettanta onestà vorrei distinguere le considerazioni fatte a fini professionali da quelle, altrettanto fondate e condivisibili, dirette a difendere le lingue nazionali ed i dialetti dall'invadenza di un' altra lingua. Riterrei naturale e giusto infatti ogni sforzo diretto a preservare quella che é una delle prime acquisizioni conoscitive dell'individuo. In una parola, quindi, non vedo come una cosa debba escludere l'altra.

S: Si può prevedere una lingua europea?

SM: Come detto, credo che nel mondo del lavoro l'influenza della lingua inglese sia ormai inarrestabile, con buona pace dei nipotini di Voltaire.
Al tempo stesso dubito che la lingua comunemente parlata da miliardi di persone sia veramente la lingua inglese; ho la sensazione infatti che questa sia un poco come una coperta che ognuno cerca di tirare il più possibile dalla propria parte, magari stropicciandola, pure di non rimanere esposti ai rigori del freddo (leggi l'ignoranza di un indispensabile strumento di comunicazione, con evidenti ricadute negative nella propria attività professionale).

S: Quali difficoltà o problemi comporta esprimersi, svolgere una attività politica in una lingua che non è quella in cui ti sei formato, cioè quella affettiva e professionale?

SM: Le difficoltà ed i problemi sono del tutto personali, derivando, naturalmente, dal livello di conoscenza di un'altra lingua. Per quanto mi riguarda posso rispondere girandoti le mie sensazioni di eccitazione, timore, ansia, fiducia, stanchezza, gioia, che come immaginerai sono le più diverse a seconda dei momenti e delle circostanze. Un dato comunque é certo: se parlo con una o più persone che non sono di madrelingua inglese o francese immagino che anche i miei interlocutori possono avere le mie stesse sensazioni; se parlo invece con inglesi o francesi posso sempre pensare che, a differenza loro, ho comunque una conoscenza linguistica superiore alla loro (sempre che non parlino l'italiano "of course").

S: Noi Italiani come ci comportiamo?

SM: Sono indeciso se chiederti l'aiutino o la domanda di riserva.

S: Hai qualche aneddoto rappresentativo di questo stato di cose?

SM: Ma, non so. Un paio forse ed entrambi veri, purtroppo.
Ci fu una riunione alla quale parteciparono gli ambasciatori dei Paesi dell'America del sud e per la quale si sarebbe dovuto parlare in francese e/o in inglese. Nella circostanza l'oratore italiano, forse non del tutto sicuro delle proprie capacità espositive in queste lingue, si lanciò in un improbabile discorso in spagnolo che lasciò senza parole non solo noi tutti pure assolutamente ignoranti in materia ma anche, e questo fu più grave, i nostri ospiti che poco apprezzarono l'iniziativa, ritenendola uno scherzo di cattivo gusto. Evitata a stento la rottura delle relazioni diplomatiche, debbo dire ex post che il loro senso dell'umorismo fu veramente scarso, non riuscendo ad apprezzare lo sforzo italiano di farli comunque divertire.
Il secondo, invece, dovette essere molto apprezzato poiché suscitò l'ilarità generale. Si parlava della necessità di intensificare gli sforzi dell'Unione europea in tema di lotta contro la criminalità organizzata ed al riguardo l'oratore italiano preso dalla veemenza del suo discorso, dall'importanza del momento e dalla drammaticità del tema in discussione apostrofò gli astanti garantendo l'impegno incondizionato del nostro Paese "...pour la lotte contre la criminalité organisée...".

S: Cioè?

SM: "Per il pesce rospo contro la criminalità organizzata"!
Credo che neanche il pescatore più accanito avrebbe sperato tanto da parte delle Istituzioni europee; altro che lontananza dai cittadini e dai problemi della vita di tutti i giorni.

S: Grazie, buon lavoro.

SM: Grazie a te.

Aprile 2002