Siete qui:

  1. Home
  2. La Stanza dell'ospite
  3. Stefano Marroni, Vice direttore Tg2

Stefano Marroni, Vice direttore Tg2

Parliamo del ruolo di Vice direttore di una testata televisiva con Stefano Marroni

Lei è vice-Direttore del TG2, uno dei 6, da quanto tempo?... un anno?

Sono arrivato al tg2 da poco meno di un anno, da giugno 2002 per la precisione, unico esterno tra i sei vice: gli altri colleghi hanno tutti alle spalle una lunghissima militanza in Rai, e in questo telegiornale

Come è trascorso questo tempo? Lo definisca usando termini musicali: allegretto, maestoso...

A volerla raccontare in musica, direi che fin qui la mia esperienza ha viaggiato sull'andante con moto, con qualche puntata sull'allegro molto.

Come si trova ad interpretare questo ruolo, per Lei nuovo, e per di più in una trama, un contesto così diverso da quello della carta stampata. Nella fattispecie de "La Repubblica", da cui proviene?

L'esperienza è del tutto nuova, e matura in un contesto professionale e aziendale così diverso da quello da cui provengo da costituire in sé un motivo di fascino. A La Repubblica, ho consumato nell'arco di diciassette anni un'esperienza che nei diversi ruoli ricoperti aveva fatto di me, pur con alti e bassi, una specie di senatore, con relativi oneri e onori. e naturalmente la forte omogeneità di fondo delle redazioni non rendeva necessario un continuo riposizionamento come quello imposto al tg2 dal convivere di esperienze e culture anche molto diverse. Si è trattato non solo di imparare a usare un mezzo nuovo, ma soprattutto di costruire un rapporto di fiducia e confidenza con colleghi che non mi conoscevano che per sentito dire, e in tutta evidenza diffidenti verso l'alieno della carta stampata che "pretende" - non foss'altro che per il suo ruolo - di dire loro cosa fare e come.

Quali nuove abilità è necessario acquisire: da giornalista, da manager o da politico?

Nel lavoro di line, di ideazione e "cucitura" del giornale, ho dovuto imparare essenzialmente un gergo e una dosatura delle misure tipici di questo giornale, e farlo in fretta. ma naturalmente - guardandomi intorno, e con l'aiuto dei colleghi - ho dovuto impegnarmi soprattutto nell'entrare nella specifica forma mentis "politica" che in questa azienda fa parte del know- how di chiunque svolga funzioni dirigenti e no: un know how che con la politica vera e propria - il mio pane quotidiano professionale negli ultimi venti anni - ha un rapporto tutt'altro che lineare, ma che della politica vera e propria ha per molti versi tutta la complessità, uno specifico linguaggio e i rituali.

E per finire Le chiedo quali abilità invece acquisite, professionali o personali, di gestione del carattere intendo, sedimentate e distillate con l'esperienza pregressa nella carta stampata, risultano qui inutilizzabili o bisogna dimenticarle o addirittura è bene disfarsene come un ingombrante e pericoloso fardello?

Come ho già in parte accennato, la particolarissima stratificazione di competenze e i codici di comportamento che segnano questo giornale impongono un modo di "navigare" assai diverso da quello in vigore a La Repubblica. E come esempio per tutti citerei la riunione di sommario, che a piazza Indipendenza era sede di vivaci discussioni e scambi di idee che Eugenio Scalfari in particolare sollecitava e promuoveva, e che qui vengono visti da molti colleghi come una perdita di tempo. Su questo punto sto cercando una mediazione, perché sono convinto che anche al tg2 discutere possa migliorare il processo di selezione delle notizie e di confezione del giornale. In più, come è ovvio, ho dovuto mettere tra parentesi la vocazione alla caccia solitaria e alla velocità nella ricerca del risultato che secondo me costituiscono i tratti distintivi della figura dell'inviato-scrittore "di punta" che ho cercato di essere in passato. Più che mai in una realtà complessa come questa, occorre stare al passo col maggior numero possibile di persone. Meno guizzi, dunque, e più solidità.

Marzo 2003